CINEMAMONDO 2023, undicesima edizione

27 giugno -  Decision to leave , di Park Hae-il, 2022, Corea del sud  

4 luglio-     Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo di Lili Horvàrth, 2020,  Ungheria  

11 luglio  Utama. Le terre dimenticate. Di Alejandro Loayza Grisi, 2022, Bolivia, Uruguay, Francia  

18 luglio  Pacifiction . Un mondo sommerso di Albert Serra, 2022 Francia, Spagna, Portogallo, 

25 luglio Le buone stelle. Broker, di Hirokazu  Kore’eda, 2022. Corea del sud  

1 agosto   Argentina 1985 di Santiago Mitre, Argentina, Regno Unito

8 agosto          Gli orsi non esistono , di Jafar Panahi, 2022, Iran

22 agosto Klondike , di Maryna Er Gorbach, 2022-Ucraina-Turchia,

29 agosto Nezouh-Il  buco nel cielo, di Soudade Kadan-  2022, Siria, Uk, Francia.

5 settembre Terra e polvere ,di Li Ruijun, 2022,  Cina  

 

CINEMAMONDO 2022, decima edizione

28 giugno -Bad roads :Le strade del Donbass di Natalija Vorozhbit , Ucraina

Promettente esordio cinematografico di Natalija Vorozhbit , che ha tratto il film da uno spettacolo teatrale che lei stessa ha scritto, dopo avere fatto un lungo lavoro di ricerca  e di raccolta di storie nella regione del Donbass . Fu  presentato a Venezia , nella settimana della critica nel 2020, ma  ora  assume un particolare significato alla luce dell’attualità. Il film è composto di quattro racconti , tutti ambientati nelle periferie del Donbass durante la guerra del 2014-2015;  non presentano  scene di guerra ma  mostrano le   difficili strategie di sopravvivenza dei civili. Sono racconti che aiutano a capire quello che oggi sta succedendo in quella parte dell’Ucraina.  

5 luglio-Brotherhood, di Francesco Momtagner,  2022 Italia, Repubblica ceca

Miglior film a Cineasti del Presente allo scorso Festival di Locarno, Brotherhood di Francesco Montagner (regista italiano, ma vissuto a Praga) racconta in prima battuta due tipi di fratellanza, quella militaresca del padre che a casa (e dal carcere) dirige i tre figli come fosse un capitano con i suoi tre soldati. E poi quella dei tre fratelli che, quando riescono a liberarsi dalla presenza opprimente del padre , riescono a condividere brevi momenti di spensieratezza , ma soprattutto a concedersi  degli spazi per  conoscere se stessi e pensare ad  immaginare il    proprio futuro, ognuno seguendo una sua strada.  Cinema del reale tra documentario e fiction ,  il film (ispirato da una storia vera) riesce a dare un’idea su come nasce il fanatismo religioso e su come sia difficile sfuggirgli . L’immobilità dell’ambiente dei pastori in cui il racconto si svolge ,  rispecchia la difficoltà  di riuscire a concepire una possibilità di ribellione; la vita per i tre fratelli bosniaci  è una gabbia da cui sembra veramente difficile intravedere una , sia pur piccola, fessura per uscirne.

12 luglio,  Tiepide acque di primavera, di Gu Xiaogang , 2019, Cina

Lungometraggio d’esordio di Gu Xiaogang che firma anche la sceneggiatura, Tiepide acque di primavera, scoperto a Cannes nel 2019 come film di chiusura della semaine de la critique, è stato designato dai Cahiers du Cinéma come migliore opera prima del 2020 classificandosi al settimo posto della classifica generale. Si tratta del primo capitolo di una trilogia che, narrando una saga familiare, dà luogo a un potente e trascinante affresco sia intimo sia collettivo di un preciso momento storico – quello delle Olimpiadi del 2008 che provocarono uno shock a Fuyang, la città dove è nato il regista .  Nel  racconto i confini tra  romanzo,  autobiografia e biografia familiare  si annullano . Interpretato magnificamente da famigliari e amici, ogni personaggio è descritto con amore e con precisione all’interno dell’intelaiatura generale che racconta uno sconvolgimento immenso, urbanistico, culturale finanche nelle relazioni sociali e umane. Tiepide acque di primavera ha una solida base nella pittura cinese.    

19  luglio-DARKLING, di Dusan Milic, 2022 Serbia, Danimarca, Bulgaria, Grecia, Italia

Subito dopo la fine della guerra in Kosovo, la maggior parte delle famiglie di entrambe le nazionalità, serbe e albanesi, sono state sfollate; molte di loro ne sono uscite devastate fisicamente e psicologicamente. Chi è rimasto ha convissuto l'uno al fianco dell’altro, con un senso di paura costante e una diffidenza che ha alimentato la vendetta. Il regista Dusan Milic affida alle parole di una bambina il compito di descrivere  questa situazione angosciosa   in una lettera che legge davanti alle Nazioni Unite dopo la scomparsa del padre . Il regista sceglie il genere triller per dare corpo alle paure di Milica; lo sguardo spaventato della piccola protagonista  fa pensare  a quelli di bambini e bambine in fuga dall’Ucraina. Il film  suona quasi come monito contro le barbarie umane e l'irrazionalità di ogni bellicismo, messaggio molto importante in questo momento storico.  Il film ha vinto il Premio del Pubblico al  festival di Trieste  e  i premi come  Miglior Film e Migliore attrice,  Danica Curcic,  a Belgrado.

26 luglio, Lunana-Il villaggio alla fine del mondo, di Pawo Choyning Dorji 2019, Bhutan

Un giovane insegnante del Bhutan moderno, Ugyen, si sottrae ai suoi doveri mentre progetta di andare in Australia per diventare un cantante. Come punizione, i suoi superiori lo inviano nella scuola più remota del mondo, nel villaggio di Lunana a 4.800 metri di quota, per completare il suo periodo di servizio. Ma  questo  viaggio tra le montagne, più esistenziale che fisico, costituisce per Ugyen   il mezzo  per la riscoperta della propria soggettività. Lunana: Il villaggio alla fine del mondo è stato girato in un  villaggio glaciale lungo l’Himalaya, al confine tra Bhutan e Tibet. Lunana è raggiungibile dopo un estenuante viaggio di 8 giorni, molto lontano dalla strada più vicina e totalmente privo di strutture moderne lungo il percorso. A causa dell’assenza di elettricità e connessioni di rete, la produzione del film dipendeva completamente dall’energia solare. Gli abitanti del villaggio, molti dei quali non avevano mai visto il mondo al di fuori di Lunana, sono stati scelti per interpretare molti dei ruoli principali. Il film è  entrato nella rosa dei candidati all’Oscar per il miglior film straniero (prima volta per il Bhutan!) sbaragliando titoli autorevoli .

2 agosto-Non cadrà più la neve,  di Malgorzata Szumowska,  2021 , Polonia

Il protagonista Zhenia ( dice di arrivare da Prypiat nei pressi di Chernobyl)  è una figura enigmatica, di sé non parla mai, preferisce ascoltare raccogliendo gli stati d’animo, anche i più intimi e segreti dei suoi clienti, tutti ricchi abitanti di un quartiere residenziale isolato dal resto della città. Siamo da qualche parte in Polonia oggi, il ragazzo è un massaggiatore, è talentuoso, le sue mani hanno un tocco delicato e quasi «soprannaturale», i  suoi clienti  non possono più fare a meno di lui,  che ogni giorno entra nelle loro case e nelle loro vite, forse molto più profondamente di quanto loro ne siano consapevoli.  ‘Non cadrà più la neve’ ,  diretto da Małgorzata Szumowska, insieme a Michał Englert,  mostra un ’Europa che  non sembra più essere il migliore dei mondi possibili. Lo sguardo viene  puntato  verso l’Europa centrale, e le sue caratteristiche disturbanti, la certezza di una fine, sono catturate fin dal titolo del film  Non cadrà più la neve . Oggi Małgorzata Szumowska  è la regista polacca più in vista, raccoglie premi in vari festival. Il film è stato presentato in concorso alla 77ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e scelto per rappresentare la Polonia nella categoria per il miglior film internazionale ai Premi Oscar 2021.  

9 agosto-Una storia di amore e di  desiderio Leyla Bouzid, 2021, Francia.

Il film è un’appassionante storia d’amore vissuta tra le aule della Sorbona e le strade di  Parigi. La  protagonisti Farah  è una  giovane tunisina, vitale e appassionata che si è da poco trasferita in Francia, lui , Ahmed, 18 anni, francese di origini algerine, è cresciuto in una banlieue parigina. Si incontrano sui banchi dell’università. L'incontro tra i due è, prima di tutto, un incontro tra culture convergenti e divergenti: sono entrambi francesi d'adozione ed entrambi amano la letteratura tanto da farne il proprio percorso di studi. La loro fede è musulmana, ma è interpretata in modo diverso: Farah sceglie di slacciare i legami più stringenti per aprirsi alla scoperta, Ahmed è invece profondamente ancorato ai dettami della tradizione e  non riesce ad accettare  il proprio desiderio, per Farah.  La regista ,  come la sua protagonista femminile, ha lasciato la Tunisia per studiare a Parigi – è laureata in letteratura francese e conosce bene il potere sovversivo e inebriante delle parole. Per questo le rende coprotagoniste del film: parole quasi onnipresenti, parole d'amore, parole di desiderio, parole come scintille pronte a prendere fuoco e accendere la passione. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: è leggendo e innamorandosi delle parole che Ahmed e Farah si innamorano l'uno dell'altra. Una storia d'amore e di desiderio è, oltre che ovviamente una storia d'amore, un inno alla lingua e alla cultura araba.  Ed è proprio l'arabo il linguaggio prediletto dell'eros: in arabo ci sono più di cento parole per descrivere l'amore, in ogni sua sfumatura. Mentre però lei lo padroneggia e sa metterlo per iscritto, lui non lo conosce come vorrebbe, e rimane ingabbiato nel proprio conflitto interiore.

16 agosto Drive my car, di Ryusuke Hamaguchi, 2021, Giappone

Il film è stato presentato in anteprima al 79° festival di Cannes , ottenendo  un’entusiastica e calorosa accoglienza  da parte della critica e    il premio per la migliore sceneggiatura.  Ha  inoltre ricevuto quattro candidature all’Oscar, vincendo  il premio come miglior film internazionale. Dalla critica è stato inserito al quarto posto  tra i dieci migliori film del 2021. Il film è basato su un piccolo racconto  di Haruri Murakami ,  di cui il regista dilata ampiamente  i tempi ,  riuscendo ad ottenere  l’ampiezza e la profondità propria di un romanzo.   Il protagonista è Yûsuke Kafuku, un attore e regista che dopo avere perso la moglie , accetta di trasferirsi a Hiroshima per gestire un laboratorio teatrale. Qui, insieme a una compagnia di attori e attrici che parlano ciascuno la propria lingua (giapponese, cinese, filippino, anche il linguaggio dei segni), lavora all’allestimento dello Zio Vanja di Cechov. Abituato a memorizzare il testo durante lunghi viaggi in auto, Kafuku è costretto a condividere l’abitacolo con una giovane autista: inizialmente riluttante, poco alla volta entra in relazione con la ragazza e, tra confessioni e rielaborazione dei traumi,  troverà un modo nuovo di considerare sé stesso, il proprio lavoro e il mondo che lo circonda. 

23 agosto I cieli di Alice, di Chloé Mazlo, 2020,  Francia

Esordio interessante di una regista già affermata nel campo dell’animazione , in cui ha ricevuto il premio Cèsar nel 2015 per il miglior cortometraggio di animazione. Le tecniche  già sperimentate nel campo dell’animazione sono presenti nel film contribuendo a determinarne la sua  originalità.  La regista è francese, figlia di genitori libanesi, fuggiti dal Libano  per sfuggire alla guerra scoppiata nel 1975. Chloé Mazlo utilizza la storia dei suoi genitori per costruire il suo film . La  protagonista Alice   ( Alba Rohrwacher )  negli anni cinquanta  lascia il suo paese natale, la Svizzera, per l’esotica Beirut, dove ha trovato un impiego da ragazza alla pari.  Qui conosce lo scienziato Joseph.  Tra i due è amore a prima vista, si sposano, hanno una figlia. Dopo quasi vent’anni il Libano piomba nel caos a causa della guerra civile scoppiata in quel  paese che alle tensioni interne già latenti vede assommarsi gli effetti collaterali (e nefasti) della questione israelo-palestinese. La  prima parte della narrazione ha uno stile   tipo commedia sentimentale naif , ma quando la storia si addentra nelle questioni relative alla duplicità del concetto di crisi – politica, con la guerra civile, ma anche intima, con i problemi di coppia –, lo stile cambia anche  a sottolineare l’impossibilità di mantenere una visione idealizzata della vita quando questa si trova a fronteggiare elementi catastrofici come una guerra.

30 agosto-Flee, di Jonas Poher Rasmussen, 2021, Svezia  

Un romanzo di formazione che  accompagna  il protagonista, accademico danese di successo,  dall’invasione sovietica dell’Afghanistan prima, la precipitosa fuga dei russi con il paese in preda alla guerra civile poi, al soggiorno angoscioso in una Mosca ostile che inizia ad assaggiare i primi brividi di capitalismo e il successivo viaggio verso la Danimarca. Il percorso che dall’Afghanistan conduce il protagonista, mai presentato come vittima, alla sua nuova vita è davvero straziante. La storia  non è raccontata dal protagonista stesso , ma dal regista che lo spinge, anche  con grandi pressioni,  a raccontare anche  vicende della sua vita che ha rimosso. Il film Flee reinventa le regole del cinema  documentario attuale, in quanto mette in discussione il dogmatismo realistico   e in questo senso diventa un termine di riferimento per  il futuro di questo genere di film. Il film, caso unico nella storia degli Oscar, è stato nominato allo stesso tempo come miglior film internazionale, miglior film di animazione e miglior documentario.

6 settembre LA CORDIGLIERA DEI SOGNI, di Patricio Guzmàn, Francia, Cile, 2019

Il terzo film di una trilogia sulla memoria . Film necessario  per il regista che dopo il colpo di stato non è più tornato a vivere nel suo paese, ma al suo paese ha dedicato tutta la sua carriera. Nei suoi documentari  l'esplorazione del territorio va di pari passo con l'esplorazione della storia, per svelare l'anima più profonda del Cile. Lo ha fatto nel ‘ La memoria dell’acqua’  e nel film  ‘Nostalgia della luce’, entrambi presentati  negli anni scorsi a CinemaMondo. In questo documentario sono le alte cime della Cordigliera  a caricarsi  di una moltitudine di significati simbolici, spesso contraddittori, stratificati come la roccia. La poesia visiva del paesaggio si sovrappone alle testimonianze dei cittadini cileni, che rivivono i loro ricordi della dittatura di Pinochet. Una nostalgia, un senso di frustrazione schiacciante che non affligge solo il popolo cileno ma anche la sua Cordigliera; le voci umane si fondono con quella silente della roccia, in un commovente grido di avvertimento alle nuove generazioni, affinché non si rassegnino mai.

 13 settembre ,  LOVE LIFE, di Kōji Fukada, Giappone, Francia, 2022

Il regista giapponese 42enne Kōji Fukada ha presentato   questo suo ultimo lavoro in concorso  a Venezia  2022. Il film è  incentrato su una coppia che deve affrontare un terribile lutto; il piccolo nucleo familiare si rispecchia nei grandi alveari metropolitani, in un continuo andare tra singolare ed universale, storia privata e convenzioni sociali. È un film profondo, oltre che intimo, sincero, toccante: qualcosa che va oltre l’elaborazione del lutto e interroga, attraverso parole che non fanno rumore, la nostra umanità, il nostro quotidiano  sopravvivere. Il film è un piccolo capolavoro che fa sentire finalmente in Occidente un  cinema giapponese non condannato dal filtro dell’occidentalità, che non vuole per forza piacere agli occidentali e che  mostra  alcuni aspetti della società giapponese che non corrispondono all’idea dominante di questo paese, che è quella che i governanti preferiscono esportare anche tramite il cinema.

Ogni martedì alle ore 21:00 - biglietto intero € 6,50 / biglietto ridotto over 65 e associati € 5,00 / abbonamento intero programma € 40,00

Coordinatrice del progetto: Isabella Colonna